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Bisogna avere una terra dentro per narrarla.
Bisogna conoscerla nei suoi tratti, quelli più evidenti o soltanto suggeriti da un particolare minuto, confuso nel fluire apparentemente sempre uguale a se stesso.
Nel cogliere la distinzione e nel ricomporla in una forma espressiva che genera una nuova narrazione, in questo prodigarsi nel tentativo di rendere più labile la distanza che separa dal particolare, nel progressivo percorso di affinamento della propria tecnica, in tutto ciò le singole opere di S.N. segnano le tappe di un dialogo lungo e vivace, intrapreso da anni e mai sopito.
Attingendo a un repertorio formale e stilistico che spazia dall’Impressionismo e attraversa il Novecento italiano ,europeo ed americano, la saggia umiltà dell’autore si pone di fronte alla propria esperienza con la volontà di accogliere un suggerimento reso in nuova forma attraverso i personali contatti con quella terra, da cui mutuare stimoli e sensazioni.
La massa corporea delle montagne si staglia con nettezza sul fondo mimetico e cangiante del cielo e dei boschi, mentre le lunghe pennellate tratteggiano superfici che aprono prospettive ampie su spazi confinati; in questo tirare la materia si riconosce l’accezione particolare delle opere di S.N., che rende labili i limiti della componente naturale e li innalza a momentanee e indifese barriere, facili da superare quando la terra dentro detta la successiva immagine.
Nel ricompattare la stessa materia prendono forma, come grumi di un’esistenza, le forme sintetiche e schizzate nei tratti quasi lanciati verso un destino che la tela assorbe in sé, restituendoli in una nuova visione.
A volte, invece, lo stesso tratto si trasforma in incisione, che segna il piano regolare e lo scava fino a farne emergere il nucleo coloristico; altre volte si distende accogliendo il riflesso della luce sulla superficie e rimandandone le increspature e le fissità.
In questi fotogrammi da ricomporre in sequenza e, in rapida successione, di nuovo sparigliare nei singoli punti di ripresa, si articola l’esperienza artistica di S. N., condotta con passione ed esuberanza, gestita come personale formazione nutrita di studi e contatti con l’opera altrui, rispettata e amata al punto da divenire costante punto di riferimento e di ispirazione.
I frequenti richiami a un mondo artistico, assorbito e rielaborato, si scompongono nelle forme della propria terra, demandando all’occhio critico il puntuale riferimento che ne agevola la lettura e, al tempo stesso, ne amplia le potenzialità grazie al personale punto di vista privilegiato.
Privilegiato perché si nutre delle sfumature del mattino e della notte, della corposa materialità del tronco degli alberi e della aerea corposità delle nuvole in movimento, della leggera immaterialità dei papaveri e della potente aridità dei dorsi delle montagne, nelle quali l’esperienza di Ferdinand Hodler è rivissuta in maniera assolutamente originale mediante un analogo e perseverante studio della natura, fonte primaria dell’atto creativo.
L’elemento naturale, pertanto costituisce la possibilità di una condivisione con il mondo , ma, nello stesso tempo, tradisce il riflesso di un senso di solitudine, che accantona la figura umana e si nutre di linee e colori.
La linea tradisce l’essenza della pittura, affidandosi al colore quasi puro e accecante che si allarga a distesa, annunciando nuovi spazi cromatici.
In questa superficie si distendono i campi inondati di luce e di aria, sorvegliati dalla chioma di un albero - elemento ordinatore e unificante – e le spiagge dense di materia.
La resa finale di S.N. non è mai un idillio senza anima.
La rincorsa alla ricerca del punto nel quale la forza espressiva, che anima ogni sperimentazione, trovi il momento, il barlume di montaniana ascendenza, nel quale avere l’impressione di aver colto, per un attimo, il senso ultimo.
Da qui, ogni volta, si riparte con variazioni tecniche che interessano l’autore nella loro capacità di rendere più comprensibile il codice con il quale, pur avendo espunto la figura umana, rapportarsi all’altro, al mondo non investito da questa generosità della forma, se non attraverso la mediazione del proprio immaginario.
Nell’impossibilità di tradurre in parole i tratti cromatici, i gesti fisici che sottintendono la resa plastica di pennellate, il pensiero che anima l’immagine catturata a occhi socchiusi, i rimandi della tradizione e all’innovazione, è bene che questa narrazione pittorica si racconti, scegliendo i tempi e i ritmi riflessi nel cambio delle stagioni,nelle ore di calura e nei giorni di gelo, di una terra amata,lasciata indietro e poi rincorsa quando l’iride immersa nella dimensione urbana afferra i colori noti e , scomponendoli, se ne impossessa traducendoli in spaccati dell’animo.



Emanuela Ceccaroni
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